Cosa succede concretamente al mio corpo dopo la morte se i miei organi possono venire usati per un trapianto? Il seguente caso inventato illustra la procedura della donazione di organi sulla scorta dell’esempio di un paziente che muore all’improvviso. L’intera procedura dura di solito da un minimo di mezza giornata a un massimo di tre giorni.
Tutto succede all’improvviso
Quel sabato pomeriggio, il padre di famiglia di 56 anni con l’hobby del giardinaggio doveva già essere di ritorno dal giardino da molto tempo. La moglie prova a chiamarlo invano e poi decide di andare a cercarlo: lo trova disteso per terra. È privo di conoscenza, ha il polso debole e molto accelerato e sembra aver vomitato.
Le emorragie cerebrali possono avere cause diverse, ma anche prognosi diverse. In questo esempio, per molti anni nel paziente un vaso sanguigno si era ingrossato sempre più senza essere stato notato, fino a scoppiare. A seguito dell’emorragia cerebrale, nel cervello la pressione aumenta. E se tale pressione non può venire ridotta per tempo, vi è inevitabilmente un danneggiamento cerebrale, con la conseguente cessazione di tutte le funzioni dell’intero cervello e del tronco cerebrale.
La brutta notizia
All’ospedale la moglie viene informata dal medico che, a causa dell’emorragia cerebrale, il cervello di suo marito ha subito danni così seri da escludere ogni speranza. Dopo tutta una serie di ulteriori spiegazioni da parte del dottore, essa deve purtroppo accettare che non c’è più niente da fare per salvare la vita al marito: qualsiasi ulteriore misura medica servirebbe soltanto a posticipare la morte. La moglie lo comunica ai figli, appena giunti in ospedale. La decisione di interrompere la terapia viene presa insieme alla famiglia, seguita dal medico e dal consulente spirituale dell’ospedale, di cui la famiglia ha richiesto la presenza.
Nonostante tutti i tentativi dei medici non sempre è possibile salvare la vita ai pazienti. Se, per un incidente o una malattia, il cervello subisce danni molto gravi, esso non riesce più a svolgere le sue funzioni. E, quando tutte le funzioni del cervello e del tronco cerebrale cessano irreversibilmente, la persona muore. In certe situazioni, è tuttavia possibile mantenere intatte, per un certo periodo, la respirazione e la circolazione con misure di sostegno. Ma i danni al cervello sono irreversibili e il paziente non può venire riportato in vita. I medici devono a questo punto interrompere la terapia, assumendo la responsabilità giuridica di tale atto, anche se la decisione deve essere presa con il consenso dei congiunti.
Il defunto avrebbe acconsentito a donare i suoi organi?
Il medico ora discute con la famiglia la questione della donazione di organi. Visto che la persona deceduta non aveva compilato la tessera di donatore, la decisione spetta ai famigliari, che devono decidere nel rispetto della volontà del defunto. Il padre di famiglia avrebbe desiderato donare i suoi organi? I figli non sanno cosa rispondere. La moglie, invece, si ricorda che alcuni anni prima il marito stava leggendo nel giornale un articolo sui trapianti e le aveva detto che a lui piaceva l’idea di donare gli organi. Ora la famiglia ha bisogno di un po’ di tempo per discuterne; arriva alla conclusione che il proprio caro sarebbe stato favorevole alla donazione. Comunica quindi al medico il consenso alla donazione: sono d’accordo per l’espianto sia di tutti gli organi sia della cornea e di ogni altro tessuto utilizzabile.
Per rendere fattibile una donazione di organi occorrono diverse condizioni:
- il consenso del donatore o dei suoi congiunti;
- le funzioni dell’organo da espiantare devono poter essere (ancora) stabilizzate;
- la morte deve essere stata accertata;
- non devono esserci controindicazioni mediche per gli organi e i tessuti da trapiantare;
- in caso di incidenti o di delitti violenti, occorre anche l’autorizzazione delle autorità giudiziarie che stanno svolgendo le indagini.
Il consenso del donatore oppure dei suoi congiunti deve essere stato impartito. In Svizzera vige il principio del consenso ampliato: in altre parole, la donazione di organi o tessuti è possibile solo se, quando era ancora in vita, il defunto aveva acconsentito alla donazione degli organi (ad es. compilando la tessera di donatore o un testamento biologico, oppure esprimendo a voce la propria volontà in tal senso), oppure se i congiunti o una persona di fiducia danno il consenso al suo posto: quest’ultima situazione si applica soltanto nel caso in cui la volontà del defunto non è nota. Maggiori informazioni:
Occorre adottare misure mediche preparatorie per stabilizzare le funzioni degli organi. Nel presente esempio si continua ad applicare la respirazione artificiale iniziata già prima del decesso. Ora, tuttavia, lo scopo della respirazione cambia: non serve più a mantenere il paziente in vita, ma a preservare i suoi organi in buono stato. Un’altra misura medica consiste nel somministrare vari medicinali a sostegno della circolazione in modo tale che, anche dopo il decesso, gli organi possano continuare a ricevere sangue e ossigeno. Le misure mediche preparatorie volte a stabilizzare gli organi da espiantare iniziano ad essere adottate nel momento in cui, secondo l’esperienza dei medici, la morte del paziente è imminente oppure è già subentrata. Senza tali misure il trapianto non è possibile. Maggiori informazioni:
Esami importanti
Il medico illustra nuovamente alla famiglia la procedura prevista, approfondendo in particolare i dubbi dei figli, che si chiedono come possono essere sicuri che il padre è davvero morto quando gli verranno prelevati gli organi: infatti sembra ancora respirare, anche se soltanto grazie alle apparecchiature mediche. Il medico spiega loro in maniera dettagliata che, prima della donazione di organi, il decesso deve venire accertato con diversi esami, seguendo le severe norme di legge.
Il decesso deve venire accertato inequivocabilmente. Non appena risulta evidente la possibilità di una donazione di organi, la legge prescrive di effettuare l’accertamento inequivocabile del decesso: a tale scopo si utilizza la cosiddetta diagnosi della morte cerebrale. Se, invece, la donazione è stata rifiutata, l’esame diagnostico non è più necessario e le misure mediche preparatorie volte a stabilizzare gli organi vengono interrotte: una simile situazione si verifica anche quando l’espianto di organi non entra più in linea di conto, ad esempio perché la persona deceduta soffriva di un’infezione grave.
Con la diagnosi della morte cerebrale si accerta che il cervello e il tronco cerebrale hanno cessato completamente e irreversibilmente di funzionare: si tratta della prova inconfutabile che il paziente è sicuramente morto. Nel presente esempio di caso, il decesso del paziente deve venire accertato in due tappe:
- dapprima si verifica se esistono le condizioni della «morte cerebrale», ad esempio a seguito di un danneggiamento del cervello così grave da causare l’interruzione di tutte le sue funzioni. Inoltre occorre poter escludere con tutta sicurezza che eventuali medicinali o un avvelenamento facciano soltanto sembrare morto il paziente;
- in seguito si controlla se tutte le funzioni del cervello e del tronco cerebrale sono davvero cessate. A tal scopo, due medici specialisti ricorrono a sette test che servono a determinare se i riflessi basilari regolati dal cervello funzionano ancora. Ad esempio: le pupille reagiscono ancora alla luce? Vi è una reazione allo stimolo del dolore? Il soggetto ha ancora il riflesso della tosse e della deglutizione? Va inoltre accertato che spegnendo l’apparecchio per la respirazione artificiale il paziente non ricominci a respirare autonomamente. Se nessuno dei test provoca una reazione, vi è la prova che il cervello ha cessato di funzionare. Il momento della conclusione dei test vale come ora ufficiale del decesso.
Maggiori informazioni:
La ricerca di riceventi idonei
Il decesso del paziente adesso è stato confermato e tutti i requisiti necessari per l’espianto di organi e tessuti sono stati ottemperati. A partire da questo momento, la famiglia viene seguita anche dal coordinatore dei trapianti: si tratta di una persona istruita in modo tale da potersi occupare anche dal punto di vista organizzativo di tutte le ulteriori tappe della donazione di organi e tessuti. Il coordinatore spiega ai famigliari che occorre ancora eseguire alcune analisi di laboratorio utili all’individuazione dei riceventi più idonei.
La compatibilità è fondamentale. Dopo l’accertamento ufficiale del decesso del paziente, inizia la ricerca dei riceventi idonei. Per determinare le persone più adatte, tra quelle presenti in lista d’attesa, occorrono numerose analisi di laboratorio. Più i parametri del sangue e dei tessuti del defunto coincidono con quelli del destinatario, e meglio l’organo sarà accettato dopo il trapianto. Un fattore importantissimo, oltre al gruppo sanguigno, sono le caratteristiche tessutali.
In certi casi occorre parimenti verificare se gli organi sono adatti per essere trapiantati, ad esempio eseguendo una broncoscopia, un’ecografia oppure un esame radiologico dei vasi coronari (angiografia delle coronarie). Ma, nonostante tutti questi esami, a volte capita anche che la decisione definitiva sull'adeguatezza dell'organo al trapianto può venire presa solo al momento del suo prelievo.
Ingenti sforzi di coordinamento. Il coordinatore (o la coordinatrice) dei trapianti raccoglie tutte le informazioni necessarie e le trasmette al Servizio nazionale di attribuzione (Fondazione Swisstransplant), che provvede non solo a confrontare i dati delle persone in lista d’attesa per individuare le migliori compatibilità a livello medico con gli organi disponibili, ma anche a determinare quali delle persone in lista d’attesa hanno per legge diritto a ricevere con la massima priorità un organo. Per tutta la durata di tali controlli, il defunto continua a rimanere sotto respirazione artificiale e gode di assistenza costante, per mantenere la funzionalità dei suoi organi.
In vista dell’espianto degli organi, al donatore vengono somministrati anche appositi medicinali che impediscono i movimenti incontrollati, riflessi che sono ancora attivi anche dopo la morte. Il periodo di tempo tra l’accertamento ufficiale del decesso e il prelievo degli organi dovrebbe di regola essere inferiore a 24 ore, per contenere il più possibile il rischio di danni agli organi.
I singoli organi di un defunto di solito vengono trapiantati in diversi pazienti. Quando il nominativo dei riceventi è stato deciso, di regola gli organi del defunto vengono espiantati da parte delle équipe di trapianto degli ospedali in cui i riceventi stanno già attendendo il loro nuovo organo. E, visto che bisogna fare presto, spesso queste équipe arrivano in elicottero.
Per il prelievo di tessuti, il fattore «tempo» svolge un ruolo molto meno importante rispetto alla donazione di organi. I tessuti come cornea, ossa, cartilagine o pelle possono infatti venire prelevati anche parecchio tempo dopo la morte e, successivamente, venire conservati alle giuste condizioni.
Dopo il prelievo degli organi, le ferite dell’operazione chirurgica vengono suturate e gli organi vengono portati dalle équipe di trapianto nei rispettivi ospedali. Le suture sono gli unici segni visibili dell’avvenuto espianto.
Tempo per dare l’ultimo saluto
Il defunto adesso è riportato in sala operatoria, dove i suoi organi vengono prelevati. Dopo l’espianto degli organi, i suoi congiunti vengono fatti entrare in un’apposita sala. Su richiesta della moglie è presente anche il consulente spirituale dell’ospedale. In questo contesto (ora il defunto non è più collegato alle apparecchiature mediche) la famiglia può dargli l’ultimo saluto.
A chi sono andati gli organi del proprio caro è un’informazione che non viene comunicata ai congiunti; se lo desiderano, essi possono però sapere se le operazioni di trapianto sono state coronate dal successo.
Ultima modifica 26.04.2024
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